com informações Vatican News
A Audiência Geral desta manhã foi realizada às 10h na Praça de São Pedro, onde o Santo Padre Leão XIV encontrou grupos de peregrinos e fiéis provenientes da Itália e de todas as partes do mundo. No discurso em língua italiana, o Papa, retomando o ciclo de catequeses que se desenvolve ao longo de todo o Ano Jubilar, “Jesus Cristo nossa esperança”, centrou a sua meditação sobre o tema “O samaritano. Passando ao lado dele, viu e teve compaixão. (Lc 10,33b)”.
Depois de resumir a Sua catequese nas diversas línguas, o Santo Padre dirigiu particulares expressões de saudação aos fiéis presentes. Em seguida, fez um apelo à paz na Ucrânia e invocou o cessar-fogo na Faixa de Gaza. A Audiência Geral concluiu-se com a recitação do Pai Nosso e a Bênção Apostólica.
A Camerata Jovem do Rio de Janeiro
O grupo é composto por crianças e jovens em situação de vulnerabilidade, oriundos de comunidades populares do Estado do Rio de Janeiro. São talentos formados pela Ação Social pela Música do Brasil (ASMB), um projeto que há 30 anos promove a cidadania e a inclusão social por meio da educação musical. A instituição, que tem forte presença em todo o país, atualmente administra 14 núcleos de ensino e 12 centros de música, com cerca de 4.800 alunos de todo o Brasil. O projeto também oferece cursos de capacitação escolar, oficinas de alfabetização racial, atividades educativas, além de distribuir cestas básicas.
A Camerata Jovem do Rio de Janeiro, fruto da ASMB criado há 10 anos, executa um repertório que vai do clássico à música brasileira. Tem em seu currículo apresentações em prestigiadas casas de espetáculos do país – como o Teatro Municipal, a Sala Cecília Meireles e a Cidade das Artes e Rock no Rio de Janeiro – e com grandes nomes da cena musical culta e popular nacional, como Yamandu Costa, Claudio Cruz, Lang Lang, Marisa Monte, Ney Matogrosso, Elba Ramalho e Toni Garrido. No exterior, o grupo fez turnês na Alemanha, Suíça, Holanda, Espanha e EUA. Destaques especiais para os concertos no Concertgebouw em Amsterdã, na ONU (Nova York e Genebra) e no Tonhalle em Zurique, onde a Camerata Jovem foi agraciada com o Swiss Charity Award.
Leia o discurso do Santo Padre, na integra, abaixo, em tradução livre do Italiano, e a versão original:
[Texto com tradução livre do original em Italiano]
Catequese do Santo Papa Leão XIV
Continuamos a meditar sobre algumas parábolas do Evangelho que nos abrem à esperança. Um doutor da lei, centrado sobre si mesmo, interroga Jesus sobre quem é o “próximo” a quem deve amar. O Senhor, ao contar a parábola do Bom Samaritano, procura mudar a ótica: não se deve perguntar quem é o próximo, mas fazer-se próximo de todos os que necessitam. No caminho da vida, nos encontramos com o outro, com a sua fragilidade, e podemos decidir cuidar das suas feridas ou passar ao largo. Muitas vezes a pressa em tratar das nossas coisas impede-nos de experimentar a compaixão, que deve ser expressa em gestos concretos. O samaritano fez-se próximo daquele que estava ferido. Como Jesus faz conosco, assim devemos fazer com nossos irmãos e irmãs necessitados de auxílio.
Dirijo uma cordial saudação a todos os peregrinos de língua portuguesa, de modo especial à Camerata Jovem do Rio de Janeiro e aos grupos vindos do Brasil e de Portugal. Pela intercessão da Mãe do Bom Conselho, pedimos a graça de ter em nossos corações os mesmos sentimentos de seu Filho amado. Deus vos abençoe!
Dirijo uma cordial saudação a todos os peregrinos de língua portuguesa, de modo especial à Camerata Jovem do Rio de Janeiro e aos grupos provenientes do Brasil e de Portugal. Pela intercessão da Mãe do Bom Conselho peçamos a graça de sentir no nosso coração os mesmos sentimentos do seu Filho amado.
Deus vos abençoe!”
[Texto original: Italiano]
Catechesi del Santo Padre in lingua italiana
Cari fratelli e sorelle,
Continuiamo a meditare su alcune parabole del Vangelo che sono un’occasione per cambiare prospettiva e aprirci alla speranza. La mancanza di speranza, a volte, è dovuta al fatto che ci fissiamo su un certo modo rigido e chiuso di vedere le cose, e le parabole ci aiutano a guardarle da un altro punto di vista.
Oggi vorrei parlarvi di una persona esperta, preparata, un dottore della Legge, che ha bisogno però di cambiare prospettiva, perché è concentrato su sé stesso e non si accorge degli altri (cfr Lc 10,25-37). Egli infatti interroga Gesù sul modo in cui si “eredita” la vita eterna, usando un’espressione che la intende come un diritto inequivocabile. Ma dietro questa domanda si nasconde forse proprio un bisogno di attenzione: l’unica parola su cui chiede spiegazioni a Gesù è il termine “prossimo”, che letteralmente vuol dire colui che è vicino.
Per questo Gesù racconta una parabola che è un cammino per trasformare quella domanda, per passare dal chi mi vuole bene? al chi ha voluto bene? La prima è una domanda immatura, la seconda è la domanda dell’adulto che ha compreso il senso della sua vita. La prima domanda è quella che pronunciamo quando ci mettiamo nell’angolo e aspettiamo, la seconda è quella che ci spinge a metterci in cammino.
La parabola che Gesù racconta ha, infatti, come scenario proprio una strada, ed è una strada difficile e impervia, come la vita. È la strada percorsa da un uomo che scende da Gerusalemme, la città sul monte, a Gerico, la città sotto il livello del mare. È un’immagine che già prelude a ciò che potrebbe succedere: accade infatti che quell’uomo viene assalito, bastonato, derubato e lasciato mezzo morto. È l’esperienza che capita quando le situazioni, le persone, a volte persino quelli di cui ci siamo fidati, ci tolgono tutto e ci lasciano in mezzo alla strada.
La vita però è fatta di incontri, e in questi incontri veniamo fuori per quello che siamo. Ci troviamo davanti all’altro, davanti alla sua fragilità e alla sua debolezza e possiamo decidere cosa fare: prendercene cura o fare finta di niente. Un sacerdote e un levita scendono per quella medesima strada. Sono persone che prestano servizio nel Tempio di Gerusalemme, che abitano nello spazio sacro. Eppure, la pratica del culto non porta automaticamente ad essere compassionevoli. Infatti, prima che una questione religiosa, la compassione è una questione di umanità! Prima di essere credenti, siamo chiamati a essere umani.
Possiamo immaginare che, dopo essere rimasti a lungo a Gerusalemme, quel sacerdote e quel levita abbiano fretta di tornare a casa. È proprio la fretta, così presente nella nostra vita, che molte volte ci impedisce di provare compassione. Chi pensa che il proprio viaggio debba avere la priorità, non è disposto a fermarsi per un altro.
Ma ecco che arriva qualcuno che effettivamente è capace di fermarsi: è un samaritano, uno quindi che appartiene a un popolo disprezzato (cfr 2Re 17). Nel suo caso, il testo non precisa la direzione, ma dice solo che era in viaggio. La religiosità qui non c’entra. Questo samaritano si ferma semplicemente perché è un uomo davanti a un altro uomo che ha bisogno di aiuto.
La compassione si esprime attraverso gesti concreti. L’evangelista Luca indugia sulle azioni del samaritano, che noi chiamiamo “buono”, ma che nel testo è semplicemente una persona: il samaritano si fa vicino, perché se vuoi aiutare qualcuno non puoi pensare di tenerti a distanza, ti devi coinvolgere, sporcare, forse contaminare; gli fascia le ferite dopo averle pulite con olio e vino; lo carica sulla sua cavalcatura, cioè se ne fa carico, perché si aiuta veramente se si è disposti a sentire il peso del dolore dell’altro; lo porta in un albergo dove spende dei soldi, “due denari”, più o meno due giornate di lavoro; e si impegna a tornare ed eventualmente a pagare ancora, perché l’altro non è un pacco da consegnare, ma qualcuno di cui prendersi cura.
Cari fratelli e sorelle, quando anche noi saremo capaci di interrompere il nostro viaggio e di avere compassione? Quando avremo capito che quell’uomo ferito lungo la strada rappresenta ognuno di noi. E allora la memoria di tutte le volte in cui Gesù si è fermato per prendersi cura di noi ci renderà più capaci di compassione.
Preghiamo, dunque, affinché possiamo crescere in umanità, così che le nostre relazioni siano più vere e più ricche di compassione. Chiediamo al Cuore di Cristo la grazia di avere sempre di più i suoi stessi sentimenti.
[Texto original: Italiano]